Sono molto onorato di partecipare alla presentazione di questo libro .
-La presentazione di un libro è per me sempre una festa, un momento di approfondimento, di crescita attraverso il confronto.
Ringrazio per l’opportunità l’autore Alberto Guarneri Cirami, agrigentino di nascita, e Paolo Cilona, infaticabile operatore culturale.
Ho appena finito di leggere il romanzo. Un romanzo a cui sono stati assegnati numerosi riconoscimenti, anche internazionali .
Un romanzo che questa sera vorrei far “parlare” attraverso la lettura di alcuni brani, brevi ma intensi.
Il romanzo, pur avendo come protagonista Roberto, è incentrato sulla figura di una donna, Maria, separata da Nunzio e madre di tre figli (Roberto appunto, Giulio e Alessandro) che si ammala a 58 anni e purtroppo muore .
Comincio col dire che nel romanzo Maria sembra aver fatto propria la lezione di Rilke, “il dolore riconduce nella interiorità la esteriorità della nostra esperienza del mondo”. E su questo cammino si avvia anche Roberto.
Questa ritrovata interiorità di Maria porterà tutta la famiglia, e il lettore con loro, a riflettere su quanto si è seminato lungo la strada.
Maria dichiara subito, in questo romanzo, il suo amore per Agrigento: “I suoi occhi, ora, salivano dal mare scintillante su, verso la collina, dove in un tempo remoto i suoi valorosi antenati, venuti dal mare, avevano edificato grandiosi templi per i loro dei.”. Ed ancora: “Abbagliata dal riverbero del tramonto sul mare grigio e sui tetti delle antiche ville del lungomare, Maria, come ogni volta, fu attratta dalla visione dei templi avvolti in una magica aureola purpurea.”(pagg.28/29).
Ma all’amore di Maria per la sua città risponde il marito Nunzio con: “ma attorno a questi luoghi, a te così cari, con le loro vestigia di un remoto splendore, non sembra esistere un governo della città libero ed efficiente; non sembra presente una politica del territorio che sappia resistere ai soprusi degli interessi individuali, un’imprenditoria e un’amministrazione libere, che sappiano valorizzare il passato con un’organizzazione seria del turismo, con la creazione di infrastrutture.”(pag.28).
Maria era legata alla sua famiglia di origine e alla sua Agrigento mentre Nunzio era dedito alla carriera bancaria ed alla politica e aveva fissato la dimora della famiglia lontano da Agrigento, in una città dell’entroterra siciliano. “Era se stesso l’unico Dio che Nunzio adorava; la carriera l’idolo, o forse il demone, che guidava le sue azioni”.
Maria e Nunzio avevano due visioni diverse della vita . E tra loro arriva il momento della separazione: “Maria e il marito si dissero addio al termine di una conversazione civile, oserei dire cordiale. In verità Maria, della vita trascorsa col marito, non riusciva a ricordare che le incomprensioni e i tradimenti. Alla fine, tuttavia, non mancava mai di dire: Anche se non è stato un matrimonio felice, il Buon Dio avrà avuto le sue buone ragioni per farci incontrare! Qualcosa di buono abbiamo pur fatto io e vostro padre. Siete voi figli miei !” (pag.48).
“Roberto aveva sempre avvertito, negli anni di vita in comune dei genitori, la loro impossibilità di comunicare ed essere felici. I brevi periodi in cui lui e i suoi fratelli si erano illusi che i loro contrasti potessero appianarsi, così da vivere finalmente in armonia, furono sempre seguiti da giorni di disillusione e sconforto. Con la separazione, pur se le sembrava di rinnegare i valori in cui aveva sempre creduto, Maria si liberava da una condizione equivoca e umiliante” e “lo scopo dell’esistenza di Maria diventò quello di costruire intorno ai suoi ragazzi un clima il più sereno possibile”(pag.49).
I figli risentono della separazione: Roberto “a trentadue anni, dopo essere stato uno studente modello e un ragazzo di promettente avvenire, non sapeva ancora cosa fare della sua vita di adulto. Se adulto può definirsi un essere che vive di fantasie, a cui manca il coraggio di confrontarsi con la realtà.” (pag.56).
Giulio “finì col cedere completamente all’ingannevole conforto dell’alcool, col ripudiare la vita e uccidere quella ragione che, da sola, avrebbe potuto salvarlo”(pag.55).
“Maria, nei momenti di maggiore esasperazione soleva ripetere, più che altro a se stessa, perché i figli non l’ascoltavano mai: Ci fosse vostro padre! Io sono stata debole con voi. Vi ho sempre accontentato, e questo è stato un errore. Un padre è sempre un padre! Io ho cercato di non farvi pesare la sua assenza, ma non è normale una famiglia senza un padre. E’ qualcosa di spezzato. Non si cresce bene senza un padre, e poi è difficile recuperare ciò che si è perduto…”(pag.56).
-La malattia e poi la morte della madre riportano al centro del romanzo la figura del padre che i figli rivedono, dopo tanti anni, accanto alla mamma ormai defunta.
Nunzio dice al figlio Roberto:“Chi non commette sbagli? E io, lo ammetto, ho sbagliato tanto con voi. No, non è stato il lavoro ad allontanarmi da voi! Che anzi il lavoro nobilita un uomo specie dinanzi ai propri figli! No, fu la mia idea del lavoro, eccessiva, ossessiva, zelante, alimentata da decenni di privazioni e sogni, avvelenata dall’ambizione e dalla vanagloria, a farmi perdere voi, la mia famiglia, e prima di voi vostra madre. Ma adesso è tutto finito, finito!”(pagg.94) . “Sin dagli inizi della mia storia con tua madre, la mia è stata una rincorsa affannosa. Spesso mascheravo l’amara consapevolezza di non comprenderla, la paura di perderla, dietro il mio ruolo, esagerato e odioso, di zelante servitore della banca, del partito, del politico di turno che va per la maggiore. Si, la verità è che tua madre mi è sempre sfuggita. Non so se riesco a farmi comprendere, forse no. Ma il fatto è che non sono mai riuscito a possedere completamente la sua anima, a plasmarla secondo il mio ideale di donna. E del resto, ora capisco. Come si può pretendere di possedere senza a sua volta farsi possedere, catturare? Credimi, Roberto, se ti confesso che è stata tua madre l’unico grande amore della mia vita! E so, purtroppo, di aver perduto, a causa del mio carattere, il benefico e dolce influsso dei suoi sentimenti. Un’occasione irripetibile di complicità, di condivisione! E’ drammatico pensare che già allora era questo il mio grande timore. Tuttavia, nonostante tale consapevolezza, non sono riuscito ad evadere, prigioniero com’ero del mio orgoglio, di quella parte che il destino mi aveva assegnato”( pag.95).
– Adesso l’ultimo brano che desidero condividere con Voi. Si tratta del colloquio tra Maria in punto di morte e Nunzio che era andato a trovarla: “Si, si Nunzio; ma te l’ho detto, a che serve rivangare il passato? E’ difficile andare d’accordo quando si hanno dei caratteri diversi come i nostri. E’ difficile fare i genitori! Io da madre dovevo ben conoscerei miei figli; ma specialmente con Roberto ho fallito! Non ho saputo assecondare le sue vere aspirazioni; ho scioccamente preteso di fare di lui un avvocato, un notaio. Ma quelli erano i miei sogni, i miei desideri, non i suoi. Ho compreso, purtroppo, troppo tardi che Roberto è diverso”. Ed ancora : “Per noi è finita da tempo, ma vedi, sopravvive in loro la parte migliore del nostro amore. Non è ancora troppo tardi, Nunzio, per aiutarli. Roberto ha bisogno di un padre! Come hanno bisogno di un padre Giulio e il nostro piccolo Ale, che lascio in un’età difficile e piena di insidie. Ho raccomandato i ragazzi a Don Enzo; ma ti prego Nunzio di prenderti anche tu cura di essi. Lo so, lo so non sarà facile, né per te né per loro, abbattere quel muro di silenzio che fatalmente l’incomprensione ha eretto fra voi. Tuttavia tu provaci per primo. Io so che hanno bisogno di te. Promettimi, allora, che non ti scoraggerai al primo fallimento; che non li abbandonerai, che gli starai vicino! Se tu lo prometti, Nunzio, sarà per me meno penoso doverli lasciare…”(pagg.152/153).
– La lettura dei brani spero sia stata utile a cogliere la profondità dei sentimenti che aleggiano nel romanzo .
– Ma è il tema di Dio, del destino, della fede che ritorna più volte nel romanzo.
In un brano del libro Giulio dice a Roberto: ”Il fatto è caro mio che sono davvero poche le cose che nella nostra vita scegliamo liberamente. Chiamalo Dio, chiamalo destino, ma ognuno ha da fare la sua parte, anche se non ci sarà mai chiara, come dice Don Enzo, la trama complessiva della storia”.
Tutto questo mi riporta per assonanza a “Il codice dell’anima” di James Hillman anche perché il romanzo di Guarneri Cirami lascia intendere che, proprio grazie a questo evento luttuoso, Roberto ritrova la propria vocazione, la strada per realizzare le proprie aspirazioni.
Sul tema della “vocazione” vorrei aprire un confronto con tutti Voi presenti.
Hillman sostiene che tutti, presto o tardi, abbiamo avuto la sensazione che qualcosa ci chiamasse a percorrere una certa strada.
Alcuni la definiscono vocazione, chiamata, altri destino, e James Hillman, partendo dal mito di Er di Platone, sostiene che prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi sceglie un’immagine o disegno (che poi è la vita che vivremo sulla terra) e riceve un compagno che ci guiderà, un daimon ( un angelo custode diremo noi) che è unico e tipico nostro.
Tuttavia, nel venire al mondo, ci dimentichiamo tutto questo e crediamo di esserci venuti vuoti. È il daimon che ci ricorda il contenuto della nostra immagine, la vita che abbiamo scelto, “la trama complessiva della storia”.
Dentro ognuno di noi, quindi, già alla nascita, vi è un seme unico e distinto che ci chiama a realizzare qualcosa di altrettanto unico e distinto.
In alcuni la chiamata sembra più forte che in altri, ma anche se non la ricordiamo, anche se la sua voce si è persa nelle maglie della vita adulta, in realtà non ci abbandona mai.
Hillman invita a riconoscere che la vocazione è un dato fondamentale dell’esistenza umana. I problemi e gli ostacoli incontrati lungo il cammino acquistano un senso, “fanno parte del disegno dell’immagine, sono necessari a esso e contribuiscono a realizzarlo”.
Una vocazione può essere rimandata, elusa, a tratti perduta di vista. Oppure può possederci totalmente. Non importa: alla fine verrà fuori.
– Tornando al romanzo di Alberto Guarneri Cirami dicevo che, al termine dello stesso, Roberto sembra avviarsi verso la propria vocazione, proprio in virtù dell’evento luttuoso .
– In ogni caso la nebbia che dà il titolo al libro si diraderà lasciando spazio ad una splendida giornata di sole .
– C’è tanta vita in questo romanzo . Sentimenti, amori, morti, rinascite, separazioni, riunioni, destino, fede ecc. ecc.
Citando William Blake “tutto quello che vive, non vive solo, né per se stesso”.
E questo romanzo, pieno di vita, vive per tutti noi, per aiutarci magari a comprendere meglio questa complessa vita, questa incredibile esperienza terrena.
Ecco perché Vi invito a regalarVi e regalare il libro e a leggerlo durante queste vacanze natalizie.
Al sensibile ed appassionato Alberto Guarneri Cirami che, lui sì ha trovato la propria vocazione di scrittore, auguro di continuare a scrivere e a farci riflettere su noi stessi e sulla vita.
Buona lettura e Buon Natale
Giuseppe Taibi
19/12/2013 Casa Sanfilippo – Sede del Parco Archeologico – Agrigento