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Gentili Autorità,Signori Magistrati,Cari Amici,è per me un grande onore introdurre, in qualità di componente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, questo importante Convegno che vede riuniti insieme i vertici della Magistratura e dell’Avvocatura Istituzionale e Associata.
Desidero intanto ringraziare tutti per aver accettato questo invito che è principalmente un invito ad un metodo di lavoro. Il metodo del confronto tra tutti gli operatori del settore Giustizia.
Un confronto che prosegue il cammino intrapreso quest’anno con il “Patto per la giustizia e per i cittadini” che è stato siglato il 9 luglio dai rappresentanti delle Magistrature, dell’Avvocatura, dei Dirigenti e del Personale Amministrativo, i quali hanno proposto al Governo un progetto condiviso finalizzato a fornire un servizio rapido ed efficiente, in grado di garantire agli utenti il diritto alla “ragionevole durata” dei processi civili e penali.
E Vi ringrazio per aver accettato di confrontarVi ad Agrigento, città accogliente e ricca di storia posta a confine tra due continenti, che ha dato alla Giustizia illustri esponenti, da ultimo anche il Ministro della Giustizia Angelino Alfano, ma che alla Giustizia ha pagato prezzi enormi come il sacrificio del Giudice Livatino.Ho avuto il privilegio di frequentare anche io in Tribunale il Dott. Rosario Livatino e ribadisco che abbiamo il dovere di ricordare sempre il suo esempio alle nuove generazioni. Penso, altresì, che tutti noi oggi presenti possiamo svolgere un ruolo di primo piano nella lotta alla mafia e alla mentalità mafiosa in genere.
Il tema del convegno è di grande attualità vista la recente entrata in vigore della riforma del processo civile.Una riforma della giustizia civile, attesa anche dall’Europa, che speriamo possa contribuire a rendere il nostro Paese più giusto e più competitivo.
Barbara Spinelli in un recente editoriale ha ricordato che c’è in Italia un’immensa ansia di redenzione ‐ e in particolare di redenzione attraverso la legge e ha citato Calamandrei e il suo concetto di democrazia.
La democrazia per Calamandrei è innanzitutto “fiducia del popolo nelle sue leggi”. Leggi che il popolo deve sentire “ come scaturite dalla sua coscienza, non come imposte dall’alto” .
E di fronte a questa nuova legge noi Giuristi abbiamo il compito di agevolare la creazione di un rapporto di fiducia tra i cittadini e la loro legge.Questo progetto di riforma del processo civile è un progetto innovativo perché è basato su due pilastri: il primo è costituito dalle modifiche del codice di procedura civile e il secondo dalla delega al Governo per l’emanazione di uno o più decreti delegati sul tema della conciliazione.
Oggetto della mia introduzione sarà proprio il tema della conciliazione .Da una sentenza della nostra Corte Costituzionale (sentenza n. 276 del 2000) ricaviamo alcuni concetti fondamentali.
La Corte ha affermato che “esiste un vero e proprio interesse pubblico rispetto all’istituto della conciliazione. Questa, infatti, costituisce non solo un’efficace strumento deflattivo in grado di contenere lo smisurato proliferare delle controversie giudiziarie, ma rappresenta un veicolo di diffusione di quella cultura della pacificazione, che trova la sua fonte primaria nell’art. 2 della Costituzione, in relazione agli istituti che riconoscono e garantiscono la solidarietà”.
E di cultura della pacificazione e di solidarietà oggi sentiamo tutti grande bisogno.
La complessa materia della conciliazione a livello Europeo ha trovato una importante sintesi nella direttiva Europea del 21 Maggio 2008 n. 52 .
La direttiva rappresenta un punto di riferimento nella prospettiva di uniformare le legislazioni nazionali sul tema della conciliazione .L’obiettivo dichiarato è quello di “facilitare l’accesso alla risoluzione delle controversie promuovendo il ricorso alla mediazione e garantendo un’efficace relazione tra mediazione e procedimenti giudiziari”.
E’appena il caso di notare che nella traduzione italiana si usa il termine mediazione mentre nel nostro ordinamento è più corretto parlare di conciliazione.Va immediatamente detto che uno degli aspetti più interessanti della direttiva, ai fini di incentivare la conciliazione, è la possibilità per il Tribunale adito di invitare le parti a ricorrere alla conciliazione allo scopo di dirimere la controversia presso un soggetto terzo ed estraneo alla giurisdizione (c.d. “conciliazione delegata”).
Ci si auspica, quindi, che il nostro legislatore possa recepire la conciliazione delegata dal Tribunale , al momento esclusa dalla delega.
La Direttiva Europea prevede inoltre che l’accordo di conciliazione possa essere omologato, su richiesta di una delle parti, acquisendo in tal modo valore di titolo esecutivo.E’ previsto, ancora, il divieto di testimonianza per i conciliatori (in un eventuale successivo giudizio) nonché la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza rispetto alla controversia oggetto del tentativo di conciliazione. L’ambito di applicazione della direttiva è quello delle controversie transfrontaliere ma vi è un chiaro invito agli ordinamenti nazionali affinché la direttiva trovi attuazione anche per le controversie interne.
In questo quadro Europeo si inserisce la nostra delega al Governo in materia di conciliazione .La delega riguarda i metodi cosiddetti ”consensuali”, nei quali la composizione della controversia è rimessa alla esclusiva volontà delle parti mentre l’intervento del terzo neutrale (conciliatore) si limita ad aiutare le parti a trovare un accordo che sia soddisfacente per i loro interessi , senza tuttavia che il terzo abbia alcun potere decisionale.
Solo nella conciliazione si rintraccia quella sostanziale alternatività rispetto alla Giurisdizione, che dipende proprio dall’assenza di qualsiasi potere decisionale in capo al conciliatore.
Il conciliatore incontra le parti, sia collegialmente che separatamente, al fine di esaminare compiutamente le esigenze di ognuna di esse. In questo modo le parti vengono aiutate sia a riprendere il dialogo sia a comprendere quanto la propria pretesa sia effettivamente realizzabile nonché quali siano i rischi del contenzioso.
L’essenza della conciliazione consiste proprio nella ricerca degli interessi reali delle parti per favorirne il soddisfacimento.Il contatto diretto tra il conciliatore e ciascuna parte, la rapidità del procedimento, la sua totale informalità, la riservatezza e l’alta probabilità di risoluzione della controversia, hanno spinto sempre più cittadini Europei ad avvicinarsi a questa scelta . Peraltro, l’accordo raggiunto ha maggiori probabilità di essere rispettato proprio in virtù del fatto che l’accordo è a base volontaria.
Si noti ancora che la diffusione degli strumenti alternativi è direttamente proporzionale al livello di efficienza del sistema giudiziario. Infatti nessuna delle parti deve sentisi maggiormente protetta, nel suo inadempimento, da una nota lentezza del procedimento contenzioso.
In quest’ottica bene ha fatto il legislatore a legiferare sia sull’efficienza del processo sia sui sistemi alternativi.
L’ambito della delega al Governo è la materia civile e commerciale con riferimento ovviamente ai diritti disponibili. In ordine all’obbligatorietà del tentativo di conciliazione la legge delega non la prevede né la vieta e quindi la scelta sarà fatta dal Governo, anche se la conciliazione dovrebbe essere sempre rimessa alla facoltà delle parti .
La delega prevede, inoltre, che la procedura conciliativa debba essere “svolta da organismi professionali e indipendenti, stabilmente destinati all’erogazione del servizio conciliazione”. Andrà, poi, istituito presso il Ministero un registro degli organismi della conciliazione.
Di particolare importanza è la valenza di titolo esecutivo attribuita all’atto conclusivo della conciliazione.Ciò contribuirà molto alla diffusione del metodo poiché le parti e i loro difensori si sentiranno garantiti dal ricorso alla conciliazione. Andranno poi individuati altri incentivi, anche fiscali, per agevolare ulteriormente la conciliazione.
La durata massima della conciliazione sarà di 4 mesi.In una breve introduzione è impossibile dare un quadro completo della materia oggetto della delega.Ma, anche in qualità di Avvocato e componente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, permettetemi di chiudere esaminando un ulteriore aspetto della delega che mi appare importante.Infatti il legislatore ha, finalmente, riconosciuto il fondamentale ruolo che l’Avvocatura può svolgere nella gestione e promozione della conciliazione.
In particolare il legislatore ha previsto la possibilità per i Consigli dell’Ordine di istituire presso i Tribunali organismi di conciliazione ed inoltre ha sancito il dovere dell’avvocato di informare il cliente della possibilità di avvalersi della conciliazione . Ecco che a noi Avvocati, in questo delicato momento storico, viene data l’opportunità di svolgere un ruolo da protagonisti e insieme di dare un ulteriore senso alla nostra professione.
Le nostre conoscenze sull’uomo ( nel quale convivono tanto la ragione quanto la follia) che provengono dagli studi umanistici e dal ruolo sociale svolto, unite alle conoscenze del diritto ed alla cultura dell’indipendenza che ha sempre caratterizzato la nostra professione, possono essere oggi utilissime in sede conciliativa sia che l’avvocato assuma il ruolo di conciliatore sia che assuma quello di difensore .
Sarà per l’Avvocato una grande sfida anche perché solo l’alta profesionalità e la deontologia dei conciliatori potranno garantire il successo di questo metodo alternativo di risoluzione delle controversie.Siamo chiamati, in conclusione, ad un ruolo culturale e sociale nuovo che, tuttavia, si inserisce nel solco della nostra migliore tradizione.
Calamandrei, infatti, nel celebre Elogio dei Giudici ha scritto che “l’avvocato probo deve essere più che il clinico, l’igienista della vita giudiziaria: e proprio per questa giornaliera opera di disinfezione della litigiosità, che non sale alla pubblicità delle aule, i giudici dovrebbero considerare gli avvocati come i loro collaboratori più fidi”.
Grazie e buon lavoro
Giuseppe Taibi (componente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura)
Agrigento 19 settembre 2009

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